Quando si sale, la fatica si fa sentire e a volte non basta nutrirsi per riprendere le energie. Le parole possono aiutare ad affrontare meglio la salita? Il progetto ha al centro "parole importanti".Parole che crescono con la classe che le pensa e diventano immagini,tracce di storie fermate in un racconto o in un videoclip.Parole per stare nel mondo; parole non soltanto per parlare ma per cooperare, per condividere idee,conoscenze,emozioni.
Il contesto
La scuola in Ospedale di Piancavallo sorge in montagna (1300 mt ). I ragazzi, provenienti da tutta Italia, sono ricoverati presso la Divisione di Auxologia dell’Istituto Auxologico Italiano (Piemonte-VB), centro di eccellenza per la cura di patologie legate alla crescita e a disturbi del comportamento alimentare.
Le motivazioni
Al principio di questo progetto c'é la parola. E anche il silenzio.
In ospedale la relazione educativa é particolare: comunicare significa essere capaci di attivare sinergie e connessioni significative, superare barriere, evitare di cadere nell’isolamento o, al contrario, creare un microcosmo di relazioni perfette, una “montagna incantata”, dove si sta bene ma si è incapaci di confrontarsi con la vita reale che si è lasciata fuori.
L'intenzione di questo progetto - fondato sulla parola - é creare un luogo di incontro dove comunicare, non soltanto per parlare ma per cooperare, per condividere parole e silenzi, per rielaborare idee, conoscenze, emozioni.
Sviluppo dell'idea
Siamo partiti da una selezione di “parole importanti” con l'idea di costruire un alfabeto utile per chi vive l'esperienza del “camminare in salita”. Nel tempo queste parole sono cresciute insieme alla classe che le ha pensate diventando immagini, testi, musica, tracce di storie fermate in un videoclip.
Il modello didattico seguito é stato quello del laboratorio cooperativo che consente di:
- Definire in autonomia i temi di studio attraverso una mappa condivisa, negoziare la scelta di immagini e musiche significative, procedere a una scrittura collettiva (wiki).
- I temi vengono scelti e via via manipolati, arricchiti e personalizzati. I prodotti sono una sintesi dove ciascun alunno può riconoscere la propria “impronta digitale”.
- Focus condiviso. Argomentazioni visibili e costruite da tutti.
Credere nel proprio valore, rielaborare il proprio vissuto, motivare gli adolescenti allo studio e alla cooperazione é compito difficile, tanto più se ricoverati in ospedale. Eppure una progettazione didattica capace di sfruttare le potenzialità comunicative delle TIC può essere un efficace strumento di crescita culturale e personale. E contribuire a superare l’isolamento.
Obiettivi:
trasformare la condizione di isolamento del ricovero in una potenzialità e non in un ostacolo utilizzando la creatività per sviluppare nuove forme di comunicazione;
trovare una chiave di lettura del “camminare in salita”;
rafforzare la capacitòdi ascolto, le competenze linguistiche,e relazionali;
imparare a lavorare in team rispettando e integrando il lavoro di tutti;
sperimentare la complessità del sapere proponendo un modello di costruzione della conoscenza dove si deve lavorare su interrogativi dei quali non si conosce già la risposta;
sperimentare la scuola come luogo non “chiuso”, dove tutti possono mettere idee, creare conoscenze e esprimere se stessi;
educare ad un uso sociale e non personale delle TIC.
Mezzi
Le tecnologie utilizzate non sono concepite come fini a se stesse ma come strumenti per veicolare il contenuto del progetto: la piattaforma web scelta per la sua facilità d'uso (google sites), i software di manipolazione immagini, di montaggio audio e video, il pc, i microfoni ecc... sono gli scarponi, i bastoni, le corde che facilitano “la salita”.
Non abbiamo questo dato. Possiamo dire che il canale youtube sul quale sono pubblicati molti dei prodotti video ha, ad oggi, 55 iscritti 51.657 visualizzazioni.
Possono riprodurre un'esperienza inclusiva dove ogni soggetto, a seconda dell'età, delle condizioni fisiche e psicologiche viene messo nelle condizioni di dare il proprio personale contributo. Attraverso “Parole che curano”, infatti, abbiamo costruito un'esperienza di laboratorio cooperativo capace di superare il dilemma del: “Come possiamo agire per non far sentire escluso questo alunno”. In un simile contesto l'orizzonte didattico si allarga oltre il rapporto lineare uno a uno (alunno ospedalizzato/docente) o uno a molti (alunno ospedalizzato/classe) ponendo lo studente all'interno di un’interazione reticolare dinamica dove a ciascuno é data l’opportunità di scegliere quale “nodo” occupare. Tutti sono coinvolti allo stesso titolo in un progetto dove gli obiettivi sono indifferenti alla condizione di salute/malattia e il fine non è quello di “integrare qualcuno” ma di armonizzare le differenti voci, di offrire visioni che, completandosi a vicenda, danno a tutti i soggetti coinvolti (docenti compresi) il senso all'esperienza educativa che si sta vivendo.